“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)

Al via i cantieri della Pedemontana

Questa volta è fatta. I cantieri della Pedemontana apriranno il 10 marzo 2010. A darne l’annuncio è stato il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Dopo circa quarant’anni di progetti prende così il via la realizzazione di un’autostrada che attraverserà una delle aree più ricche e congestionate d’Europa. Una realtà composta da 4 milioni di abitanti distribuiti su cinque province e da 300 mila imprese, che producono il 10% del Pil nazionale.

Come primo vicepresidente della commissione Trasporti del Parlamento Europeo non posso che congratularmi per il risultato raggiunto. Il nuovo tracciato darà un grande contributo allo sviluppo dell’area con un significativo impatto sulla ripresa dell’economia locale: secondo il presidente di Pedemontana Spa, infatti, i cantieri creeranno 10mila posti di lavoro l’anno per cinque anni.

Milano aperta per ferie

Un contributo dai mille a cinquemila euro ai negozianti che non chiuderanno le saracinesche ad agosto. È la ricetta proposta dal Comune di Milano per evitare la “serrata selvaggia” che si ripete ogni anno nelle settimane ferragostane. L’iniziativa punta a tutelare le categorie più deboli, gli anziani in particolare, e a vivacizzare la città nel cuore dell’estate. Il contributo ai negozianti non sarebbe comunque “a pioggia” ma destinato a lavori di ristrutturazione e manutenzione.

La proposta di Palazzo Marino è sicuramente valida e lo è ancora di più in un anno caratterizzato da una crisi economica che porterà molti milanesi a scegliere di fare vacanze più corte. Ma c’è anche un altro aspetto che va considerato. La serrata agostana risale ai tempi in cui a Milano c’erano le industrie. Ora che sono scomparse la tradizione è rimasta. Risultato: i negozi sono chiusi e, di conseguenza, i cittadini preferiscono andare in vacanza proprio in quel periodo.

Oggi, però, Milano è una città turistica e bisogna tenerne conto. Se davvero vuole essere una città internazionale e tenere il passo con le grandi capitali europee deve essere vitale tutto l’anno, agosto compreso. Incentivare l’apertura dei negozi è quindi un valido impulso che può innescare un circuito virtuoso che renda la città più a misura di cittadino e di turista.

Gawronsky, addio a Strasburgo: uno su tre è un eurofannullone

Jas Gawronsky, lei è il decano di Stra­sburgo.
“Mi candidai alle prime elezioni europee, nel ’79, con il Pri, dietro a Susanna Agnelli. Suni trionfò, io fui il primo degli esclusi, con cento voti in più di Roberto Olivetti, e tornai a fare il corrispondente Rai: Parigi, poi Mosca. Ma l’anno dopo Suni divenne ministro, e mi lasciò il po­sto. Sapevo a malapena cosa fosse il Par­lamento europeo. Non ne sono più usci­to, se non per una legislatura da senato­re”.

Ora però il suo nome nelle liste Pdl non c’è. Cos’è successo?
“Bisogna saper dire di no prima che te lo dicano gli altri”.

Le ha detto no Berlusconi?
“Al contrario, Berlusconi ha cercato di farmi cambiare idea. Ma la sesta volta sa­rebbe stata di troppo. Basta con la politi­ca attiva”.

A Strasburgo ha visto passare grandi personaggi.
“Simone Veil ogni tanto faceva intravedere il tatuaggio del numero che le avevano inflitto ad Auschwitz. Gere­mek, da quando è morto in un incidente d’auto, qui è diventato un mito. E poi Ca­stro, che andai a visitare due volte”.

Che impressione le fece?
“Ottima. Convinto di essere in buona fede. Esecra gli Stati Uniti ma in fondo li ammira. Adora il baseball. Un dittatore, ma un grande personaggio. Non come Ortega: un dittatoruncolo”.

L’italiano più noto all’Europarlamento?
“Pannella”.

Nel 2004 arrivò D’Alema.
“E rimase sempre sulle sue. Non era arroganza; era senso di superiorità”.

Santoro?
“Inutile. Era di passaggio. Non ha lasciato tracce”.

La Gruber?
“Tutt’altro. Molto charmante. E poi parlava tedesco. Qui le lingue sono fonda­mentali. Emanuele Filiberto ha detto di conoscerne cinque: è un vantaggio, ma l’importante è padroneggiare l’inglese”.

Quali tra gli italiani lo padroneggiano?
“Quasi nessuno”.

Il principino farà bene?
“Mi pare adatto. Gli auguro di essere all’altezza di Otto d’Asburgo, che dettava la politica verso l’Est europeo. Un vec­chietto delizioso: cortese, understated; tweed, lane pesanti; vestiti un po’ larghi, comodi, da gentiluomo di campagna”.

Nell’89 arrivò Giscard.
“Prima riunione del gruppo liberale. Per conoscersi ognuno si alza e racconta di sé. L’ordine alfabetico fa sì che siamo seduti vicini. Io parlo per qualche minu­to. Poi si alza lui, dice solo: ‘Mi chiamo Valéry Giscard d’Estaing e sono stato pre­sidente della Repubblica francese’, e si risiede. Una certa spocchia aristocratica, giustificata dall’intelligenza”.

E De Mita?
“Concentrato sulle cose italiane. Degli esteri non gli importava molto. Fosse a Strasburgo o a Bruxelles, si occupava di Avellino o Nusco”.

Esistono gli eurofannulloni?
“Certo che sì. Un terzo sarebbe meglio non ci fosse: sono i veri fannulloni; non seguono, non capiscono, talora compro­mettono l’immagine dell’istituzione. Molti, tra cui almeno un italiano, viaggia­no a spese dei contribuenti per fare affa­ri. Poi c’è un terzo di diligenti. L’ultimo terzo è quello che fa funzionare il Parla­mento. Che diventa sempre più impor­tante”.

I migliori?
“Poettering e Poniatowsky, lo scritto­re di origine polacche. Tra gli italiani, Ro­sario Romeo era molto amato: coltissi­mo ma semplice, accessibile. Anche Giu­liano Ferrara si distinse. Oggi abbiamo Gabriele Albertini, l’ex sindaco di Mila­no, tra i pochi a mischiarsi con gli stra­nieri. Mario Mauro, il candidato di Berlu­sconi per la presidenza dell’Europarlamento.
Con Iva Zanicchi fummo rivali: la battei di cento voti; poi siamo diventati amici. Candidato modello per me è Carlo De Romanis, un under 30. Da non votare chi mette molti manifesti e spende trop­pi soldi: potrebbe volerli recuperare in qualche modo”.

Lei quanto spendeva?
“Mai più di 60 mila euro. E non ho mai fatto un manifesto: non servono”.

La gaffe più clamorosa?
“La Cassanmagnago, donna simpati­cissima, diede la parola a un ospite ara­bo: “Prego, signor Bahrein…”. L’aveva let­to sul cartoncino, pensava fosse il suo nome”.

Berlusconi fece di peggio, quando ac­costò il tedesco Schulz a un kapò.
“Fece la sua fortuna invece. Ora Schulz è il capo dei socialisti e diventerà presidente del Parlamento nella seconda metà della legislatura. Tutto grazie al Ca­valiere”.

Agnelli le chiedeva spesso notizie?
“Mai. Prima, quand’ero corrisponden­te dall’estero, era curiosissimo. Poi era preoccupato che in Europa mi annoiassi troppo”.

Cos’avevano in comune, nel privato, Berlusconi e Agnelli?
“Entrambi molto attenti alla propria immagine. Berlusconi nel giorno per giorno, Agnelli a lungo termine. Per cui Agnelli era più disposto di Berlusconi a fare sacrifici per l’immagine”.

E Veronica?
“La conobbi nel viaggio a Mosca, quando ero portavoce del governo. Piace­volissima. Come il marito, non ama la mondanità romana, la maritozzo-so­ciety. Ora ha espresso un sentimento comprensibile, in modi e tempi discutibi­li”.

Due volte lei andò a intervistare Wojtyla.
“La prima, nel ’91, a pranzo. Parlò di tutto, nel suo polacco popolare, così di­verso da quello letterario, quasi arcaico, di Vishinsky. Giovanni Paolo II rivalutò Jaruzelsky. Criticò Walesa, non l’eroe di Solidarnosc ma il leader politico modesto. Fece considerazioni positive sul comunismo, che badava ai poveri, e negati­ve sul capitalismo. Il giorno dopo mi chiamò il segretario e mi pregò di non scrivere nulla. Ma l’intervista successiva finì sui giornali di tutto il mondo”.

E ora lei cosa farà?
“Cercherò di far fruttare l’esperienza. Mi piacerebbe veder crescere il ruolo dell’Italia nel mondo. Purtroppo la nostra classe politica, lo dicono tutti, è scaden­te: non ha preparazione, né senso dello Stato”.

Aldo Cazzullo (Corriere della Sera 08-05-09)

Albertini: ritardi sui fondi a rischio la 4

“Palazzo Marino si muova, o ci rimetterà non solo i soldi ma soprattutto la nuova linea 4 del metrò”: la sintesi è questa e la firma è di Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano poi eurodeputato e ora ricandidato col Pdl a Strasburgo. “Nessuna polemica con la giunta Moratti che mi è succeduta”, puntualizza, “ma è vero che sono preoccupato: e vorrei solo sollecitare il sindaco e l’amministrazione attuali a intervenire prima che sia troppo tardi”. Il rischio infatti, spiega Albertini, è che Milano possa addirittura vedersi costretta a “restituire” allo Stato 240 milioni di euro — già stanziati da tre anni — per la colpa di non averli usati. Albertini riassume: “A inizio 2006, per la linea 4, era stata varata una società mista in cui il Comune avrebbe dovuto mettere 350 milioni e i privati 200. Lo Stato intervenne appunto con 240, autorizzati dal Cipe in marzo e stanziati in giugno. Il bando per i privati era praticamente fatto. Metà dei 350 milioni di competenza comunale li avevo già recuperati dai dividendi straordinari Sea. Poi ho passato la mano”.

Ebbene? “Beh, mi risulta che da allora è tutto fermo. E siccome sono passati tre anni temo che il governo voglia ora revocare i 240 milioni già stanziati”. Quindi? “Spero che non tutto sia perduto.

Ma se Milano non si muove lo sarà. E una linea di metropolitana in meno, non solo per l’Expo ma per la città, sarebbe davvero un danno imperdonabile”.

Paolo Foschini (Corriere della Sera Milano 06-05-09)

I ritardi di Alitalia su Linate e Malpensa

A Linate e Malpensa ormai sono rimasti pochi voli Alitalia ma sono comunque in ritardo. Ieri a farne le spese è stato  il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che, a causa di una serie di problemi tecnici della compagnia di bandiera, è rimasto bloccato per un’ora al Forlanini. Alitalia dimostra così di essere ancora inefficiente.

Come risolvere la situazione? È necessario garantire una maggiore concorrenza nei voli liberalizzando gli slot, ovvero il periodo di tempo entro il quale un aereo è autorizzato al decollo.

Per questo motivo, al Parlamento europeo voterò contro la proposta di procedura di urgenza per congelare gli slot delle compagnie che non li usano per sei mesi. Tale norma, infatti, favorisce le grandi compagnie aeree come Alitalia (che in questo modo può consolidare il suo monopolio), penalizzando invece gli aeroporti che, come Malpensa e Linate, non possono liberalizzare le loro tratte e offrire ad uso di altri carrier minori gli slot inutilizzati.

Un ombrello per i lavoratori senza tutele

Un miliardo e mezzo di euro nel biennio 2009/2010 per garantire assegni di cassintegrazione e mobilità ai lavoratori subordinati senza tutele. Questo il cuore dell’accordo tra Regione Lombardia e sindacati per garantire un reddito in una situazione di crisi a 80 mila persone.

Il Pirellone dà così attuazioni all’intesa con il ministero del Lavoro sottoscritto il 16 aprile scorso che metteva a disposizione una prima tranche di 70 milioni di euro. A beneficiarne saranno soprattutto i dipendenti di aziende con meno di 15 addetti (un totale di circa 1,4 milioni di lavoratori sui 3,3 milioni presenti in regione). Il provvedimento, tagliato su misura per il tessuto produttivo lombardo con uno sguardo verso la piccola e la piccolissima impresa, riguarderà anche apprendisti e lavoratori in affitto.

Non si tratta però di assistenzialismo: come ha spiegato il governatore Formigoni è un sostegno al reddito abbinato a un percorso di riqualificazione professionale volto a preparare i destinatari degli aiuti a reinserirsi nel mondo del lavoro. Come diceva Mao: “non regalate un pesce a chi ha fame ma insegnategli a pescare”.

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“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)