“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)

Gabriele Albertini vince il Premio Letterario Capri San Michele con il libro: "Sindaco Senza Frontiere"

Cari lettori,
proprio oggi mi sono arrivate le foto che ritraggono un momento significativo di questi ultimi tempi: la consegna del Premio Capri San Michele per il mio ultimo scritto “Sindaco Senza Frontiere. Fatti e idee per un condominio globale”,  Marietti 1820. Colgo, dunque, l’occasione per condividerlo con voi. 
Nel mese di Settembre ad Anacapri, una giuria d’eccezione, presieduta dall’ex Presidente della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola e partecipata dal Magnifico Rettore dell’Università Cattolica di Milano, Lorenzo Ornaghi, ha stabilito che, per la Sezione Attualità, venisse premiata la mia ultima pubblicazione. L’evento è stato, per il sottoscritto, fonte di grande soddisfazione e riconoscenza. Il Premio infatti, giunto alla ventiseiesima edizione, è stato attribuito ad opere di personaggi di grande valore, quali l’allora cardinal Ratzinger, Giuseppe Lazzati, Calo Maria Martini, Ciriaco De Mita e molti altri. Vorrei pubblicare, oltre alle foto che dicevo poc’anzi, il testo, a firma di Ermanno Corsi, che è stato letto in occasione della Premiazione e che ne esprime la ‘Motivazione’.

Ecco le foto che ritraggono il mometo della consegna del Premio:

 

“Alla quarta sollecitazione di Silvio Berlusconi lui accetta: Gabriele Albertini viene eletto sindaco di Milano, la seconda città d’Italia per la politica, la prima per l’economia. E’ il 1997. Per fortuna si incomincia a parlare meno della “Milano da bere” e “dell’Italia da mangiare”. Al vertice di Palazzo Marino c’è ora un imprenditore prestato alla politica, comunque un personaggio anomalo. Dell’imprenditore non ha infatti il cinismo e la visione prevalentemente affaristica della vita; del politico non ha la capacità dissimulatoria e l’ambiguità. Nato uomo della Confindustria, ha frequentato per dodici anni i Gesuiti ed ha assimilato gli insegnamenti del cardinale Carlo Maria Martini. In economia, il suo liberalismo si muove fra Adamo Smith e Luigi Einaudi. Ha come compagno il dubbio, ma sa essere decisionista (senza manicheismi) quando occorre.
Gabriele Albertini indossa per la prima volta la fascia tricolore davanti al papa Giovanni Paolo secondo e da allora si mette al lavoro, a tempo pieno, per risolvere i più urgenti problemi di Milano: la riconversione industriale, la riqualificazione metropolitana, le privatizzazioni, la qualità della vita.
Il libro che ha scritto insieme con Andrea Zet (prefazione dell’editorialista del Corriere della Sera Antonio Ferrari) è un convincente esempio di come debba agire un “Sindaco senza frontiere”. Lo impongono le criticità, che non possono essere affrontate secondo logiche localistiche; lo richiede la globalizzazione che ha trasformato il mondo in un villaggio. Occorrono confronti a tutto campo, progetti di ampio respiro dove le esigenze specifiche dell’economia debbono sempre  congiungersi con la difesa dei valori fondamentali (solidarietà, uguaglianza, dignità delle persone).
Gabriele Albertini proietta Milano e se stesso sullo scenario internazionale, naturalmente all’insegna della reciprocità. Così più di 40 Capi di Stato e di Governo, oltre cento delegazioni ministeriali visitano Milano.
L’Europa è in grande fermento con la fine della guerra fredda, la caduta del muro di Berlino e la traumatica implosione dell’Unione sovietica. Ogni giorno che passa è tuttavia diverso da quello che lo ha preceduto. Se la Russia è alle prese con il post-comunismo e l’economia di mercato, l’Inghilterra ostenta l’orgoglio di un impero comparabile  per durata solo all’impero romano. La Germania, la Francia e l’Italia si preparano all’avvento dell’euro. “Non potevamo non stare in Europa”, dice Albertini che è fra i primi a vedere nel federalismo alla Carlo Cattaneo “la condizione più favorevole per far emergere il meglio delle grandi nazioni e dei piccoli villaggi”.
Sul destino dell’Europa pesano però ogni giorno le vicende dello scacchiere mediorientale, il terrorismo, il conflitto fra Israele e la Palestina, lo scontro duro tra Islam e occidente. Pesa enormemente lo sviluppo della Cina che ha dismesso le divise rivoluzionarie di Mao per adottare l’abbigliamento occidentale: l’economia è forte ma la coscienza dei diritti e delle libertà individuali molto debole. Sicuro riferimento è l’America, paese dalle grandi opportunità che resta l’anima del mondo (“il suo sistema, nota Albertini, a differenza del nostro forgia statisti e non politicanti, gente che lavora per le prossime generazioni e non per le prossime elezioni”).
Per il sindaco di Milano sono modelli e riferimenti la “lady di ferro” Margareth Thatcher per le privatizzazioni (la considera protagonista di una palingenesi fondata sul pubblico scopo e sulla privata gestione); Ronald Reagan, il mitico uomo di cui ha registrato tutti i discorsi; Raimond Barre, il primo ministro francese che lo convince a scrivere lettere ai milanesi sull’inquinamento, il traffico, il restauro della Scala, la sicurezza. Fra i sindaci di maggiore notorietà, quello di New York Rudolfh Giuliani che, di fronte a tutte le illegalità e le degenerazioni, pratica la “tolleranza zero”. Di tutti i suoi interlocutori, Gabriele Albertini sa cogliere la psicologia e interpretare i metodi di Governo, giustamente felice quando vede Helmut Kohl e Bill Clinton sfidarsi a chi esprime più elogi a Milano.
Parlamentare europeo dal 2004, Gabriele Albertini finisce due anni dopo, a Palazzo Marino, il suo “turno di guardia”. Alcuni lo hanno definito il sindaco sceriffo (ma con lui i reati a Milano sono calati del 30 per cento). Gli si addice di più, certamente, la definizione di sindaco-manager che ha completato la trasformazione di Milano da città post-industriale a città neo-urbana con uno standard di vita fra i più alti in Europa.
Sindaco anomalo come emerge dal libro; sindaco di un “condominio globale”, Gabriele Albertini, interrogandosi, lascia questo messaggio: “Chi, come me, non ha figli, si chiede come può in qualche modo ripagare la società per il debito di conservazione della specie… C’è uno scopo universale valido sia per chi crede e per chi non crede: è quello di fare in modo che lo spazio che occupiamo nel nostro mondo, quello che riusciamo a fare con il nostro lavoro, con la famiglia, con le responsabilità che abbiamo e con la nostra intelligenza, permetta alla nostra civiltà e all’umanità di progredire”. Progredire sempre.”
Ermanno Corsi

Gabriele Albertini incontra Javier Solana (3 settembre, Bruxelles)

Il 3 Settembre 2009 presso la sede del Consiglio dell’Unione Europea è avvenuto l’incontro ufficiale tra Gabriele Albertini, il nuovo Presidente della Commissione Affari Esteri (AFET) al Parlamento Europeo e Javier Solana, Alto Rappresentante dell’ UE per la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC).

Ecco la foto che ritrae la “stretta di mano” durante il loro meeting.

ATTENTATO IN AFGHANISTAN. GABRIELE ALBERTINI, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AFFARI ESTERI (AFET) AL PARLAMENTO EUROPEO: "NON POSSIAMO CEDERE DI FRONTE AI TERRORISTI"

È con apprensione e sgomento che ho appreso dell’attacco terroristico di oggi a Kabul. Insieme a sei nostri soldati, due civili sono stati uccisi e trenta persone ferite. Vorrei rendere omaggio a questi soldati italiani e a quelli che sono rimasti coinvolti nell’attacco ed esprimere le mie più sincere condoglianze alle loro famiglie. Voglio anche portare la mia solidarietà alla popolazione afgana; questi attacchi sono un tentativo da parte dei terroristi di schiacciare il loro desiderio di pace e democrazia. In questo momento difficile e doloroso molti potrebbero chiedersi perché stiamo sacrificando giovani vite in un territorio così lontano. La mia risposta a queste persone è che non possiamo cedere di fronte ai terroristi. La loro logica del terrore non conosce confini. Fino al momento in cui vinceremo la nostra battaglia per i diritti e le libertà dei popoli e per la pace, non potremo sentirci al sicuro neanche nei nostri paesi.

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“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)