“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)

Anche Albertini lascia Silvio: "Per lui il confronto è eresia" (Repubblica, 6 agosto 2010)

Ho già avuto modo di spiegare in successivi interventi, il mio reale punto di vista in merito all’ intervista riportata di seguito.
Quando ho deciso di accettare la proposta d’intervista da parte del quotidiano Repubblica, l’ho fatto nello spirito di manifestare liberamente il mio pensiero. Purtroppo capita che, coloro che manifestano in favore della libertà di espressione, siano più preoccupati di inseguire una notizia, piuttosto che rimanere fedeli alle dichiarazioni.
Il titolo “Anche Albertini lascia Silvio. Per lui il confronto è eresia” rappresenta l’esatto contrario di quanto volessi esplicitare in quel frangente. Era (ed è) mio convincimento esprimere un confronto, un dialogo aperto sui grandi temi della politica nazionale anche all’interno del nostro Partito. Proprio perchè “Popolo delle libertà”.
Temi quali la legalità, i costi del federalismo, l’immigrazione, la bioetica, sono troppo importanti per il nostro Paese, per essere banalizzati dall’opinione pubblica e ridotti ad una lite provinciale tra Fini e Berlusconi. Mi domando: è democratico eliminare forme di confronto su posizioni che non si allineino con il pensiero di pochi? E allo stesso tempo mi domando: è democratico eliminare la sostanza di una riflessione, riducendola nei limiti di uno scontro personale tra due figure politiche? Per altro sono convinto che il dialogo interno al Partito, la scelta del ceto dirigente attraverso elezioni (…), siano punti che porterebbero ad un’affermazione ulteriore ed in termini più appropriati della stessa leadership del Presidente Berlusconi, che stimo e al quale sono legato come sempre da un sentimento di amicizia.

REPUBBLICA.jpg

Sessione Planaria Strasburgo – IL SERVIZIO EUROPEO DI AZIONE ESTERNA (8 luglio 2010)

Il Trattato di Lisbona ha introdotto la figura dell’Alto Rappresentante e Vicepresidente della Commissione Europea ed il Servizio di azione Esterna dell’UE con lo scopo preciso di migliorare l’impatto, la visibilità e la coerenza della politica estera europea.
Più volte l’Europa è stata definita come un gigante economico ed un nano politico. Questo perché, a fronte di tutti i primati di cui gode – prima potenza commerciale del mondo, primo donatore ai Paesi in via di sviluppo, punto di riferimento globale in materia di diritti umani, democrazia e stabilità – l’Europa è sempre rimasta un interlocutore debole sulla scena internazionale. Tale debolezza è la diretta conseguenza di una sovrastruttura organizzativa ed una duplicazione delle competenze: da una parte c’è la voce dei vari governi degli Stati membri, in seno al Consiglio dell’Unione Europea, dall’altra le diverse delegazioni della Commissione europea nel mondo. Da qui la confusione: qual è la voce ultima dell’Europa? Senza organicità non c’è un’azione coerente ed efficace.
Il nuovo corpo diplomatico (SEAE) è nato con l’obbiettivo di riunire le funzioni di politica estera e di sicurezza, proprie dei governi, e gli ambiti di politica comunitaria, afferenti alla Commissione (allargamento, sviluppo, aiuti umanitari). Come realizzare la fusione? Nella pratica i circa 130 uffici nei 5 continenti -le delegazioni della Commissione nel mondo- verrebbero a fondersi con i vari uffici del Consiglio (circa 5.000 persone) per creare le ‘Ambasciate dell’UE” gestite dal personale del nuovo Servizio di Azione esterna, sotto il comando dell’Alto Rappresentante.
Se si considera che il Trattato di Lisbona è entrato in vigore il 1° dicembre 2009, sono mesi che in Europa sono accese le trattative tra Commissione, Consiglio e Parlamento su come realizzare il Servizio diplomatico, previsto dal trattato stesso. Il Parlamento – il cui potere in materia è obbligatorio e vincolante – ha subordinato l’approvazione del progetto di Commissione e Consiglio, a diverse condizioni, confluite nel testo della ‘Relazione Brok’. Dai lunghi negoziati con il Parlamento, si è giunti ad un accordo definitivo, che è stato votato questa settimana in Sessione Plenaria di Strasburgo.
La Commissione Affari Esteri che presiedo è stata il punto di riferimento diretto nei rapporti tra la Commissione, con l’Alto Rappresentante Catherine Ashton, ed il Parlamento e nei mesi passati ha condotto le audizioni dei membri designati dalla Ashton, a ricoprire i ruoli di rilievo nel Nuovo copro diplomatico.
In questo lungo processo di riconfigurazione della Politica Estera europea e nell’ultimo voto di giovedì in Plenaria, possiamo affermare che il Parlamento Europeo ne sia uscito con successo: abbiamo ottenuto sostanziali risultati, riaffermando il nostro ruolo politico di controllo.
Le complessità che ho riscontrato sono di diversa natura.
Se è vero come è vero, che il Nuovo corpo diplomatico riassuma il sostanziale scopo del Trattato di Lisbona: un maggiore peso politico dell’Europa, la sua costituzione deve essere pensata per realizzare al meglio tale obbiettivo, specialmente sul versante strutturale. Da ciò ne deriva che Commissione, Consiglio e Stati Membri debbano essere disposti a sacrificare parte delle rispettive competenze di politica Estera al fine di investire nell’Europa e nel nuovo organo comunitario. Di contro, le distinte attribuzioni che vengono a buon diritto conservate distintamente – ad esempio per la Commissione i poteri in materia di allargamento, sviluppo, aiuti umanitari.. – devono essere correttamente coordinate al fine di evitare sovrapposizioni, duplicazione degli sforzi e di realizzare tagli per costi inutili.
Un altro versante che come Presidente di Commissione Esteri ho voluto difendere è relativo la composizione del personale del SEAE. Il reclutamento deve avvenire sulla base di criteri che rispettino l’adeguato equilibrio geografico e di genere: i singoli Stati, in misura proporzionale, saranno rappresentati da un numero significativo di cittadini e che verrà corretto a fronte del verificarsi di eventuali squilibri. Il progetto europeo infatti mira sempre ad una miglioria delle condizioni degli stati membri non già alla loro castrazione. Così il 60% del personale SEAE sarà composto da funzionari dell’Unione per garantire l’identità comunitaria del servizio ed il restante 40% sarà costituito da funzionari dei servizi diplomatici nazionali.
Ultimo ma non meno importante, il Parlamento con il voto di giovedì, ha rimarcato il proprio potere politico di controllo e di bilancio, nel nuovo Corpo Diplomatico: non va dimenticato che il Parlamento è l’unico organo in Europa ad essere democraticamente eletto con voto diretto dai cittadini.

home_vertical

“Dei tre cavalli che corrono per Palazzo Marino, Albertini sembra il meno interessato alla gara. Mi ricorda Ribot, che a prima vista nessuno avrebbe dato come vincente, non avendo l’aspetto del grande galoppatore di classe; che quando veniva accompagnato al paddock per essere mostrato al pubblico osannante e girava con gli altri cavalli si vedeva chiaramente che era infastidito da tanto clamore e da tanta attenzione. Ribot appariva quasi neghittoso e mostrava una certa insofferenza per questa esibizione. Poi scendeva sulla pista, correva da par suo, vinceva con tre lunghezze di distanza e se ne andava ancora più seccato di prima tra le acclamazioni della folla” Indro Montanelli (maggio 1997)

“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca – ricordate quando si mise in mutande alla sfilata di Valentino? – è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si impiega” Indro Montanelli (aprile 2001)